Cos’è il neuromarketing: definizione
Il neuromarketing, branca della neuroeconomia, è una disciplina relativamente recente che si prefigge di mostrare quello che accade nel cervello in risposta a stimoli inviati da prodotti, brand o pubblicità. L’obiettivo ultimo è quello di individuare le strategie che spingono all’acquisto in generale e, nello specifico per il nostro settore, le strategie di digital marketing.
In altre parole, Il termine “neuromarketing” indica quell’ambito della psicologia applicata che analizza l’influenza, il condizionamento creato dal marketing e dalla pubblicità sulla mente dei consumatori.
Si tratta di una disciplina che coinvolge economia (marketing tradizionale), medicina (neurologia) e psicologia (scienze comportamentali). Il processo decisionale si svolge in modo meno consapevole di quello che si pensa, ecco perché il neuromarketing indaga le percezioni inconsce dei consumatori proprio nel luogo in cui si manifestano direttamente: il nostro cervello.
Chi ha coniato il termine neuromarketing e primi attori
A introdurre questo concetto è stato nel 2002 il ricercatore olandese
Ale Smidts, professore di Marketing Research alla Rotterdam School of Management. L’etichetta deriva dal fatto che la disciplina si concentra principalmente sullo studio delle
zone cerebrali che si attivano durante il momento decisionale dell’acquisto.
Smidts ha coniato il termine, anche se a parlarne più approfonditamente è stato Martin Lindstrom nel 2009, anno in cui occupava la copertina del Time per meriti strettamente legati all’argomento di cui stiamo parlando. Lindstrom è un esperto di branding, brand building in particolare, ed ha scritto sei best seller sul tema, oltre a scrivere per il New York Times e il Wall Street Journal. Il libro più famoso dei suoi best seller sull’argomento Neuromarketing è senz’altro Buyology, titolo che in italiano troviamo tradotto come Neuromarketing.
L’approccio di Lindstrom è finalizzato a cogliere i desideri più reconditi dei consumatori per poi trasformarli in prodotti, marchi, messaggi pubblicitari innovativi o esperienze in-store che fanno parlare del proprio brand. Tra i suoi clienti troviamo marchi notissimi come Red Bull, Coca-Cola, McDonald, Pepsi, Microsoft, Nestlè, American Express e Procter & Gamble.
A cosa serve il Neuromarketing
Gli studi sul neuromarketing servono principalmente a comprendere i fattori che ci portano concretamente all’acquisto.
Tuttavia, il neuromarketing non va confuso con quelli che sono i "messaggi subliminali" (tra l’altro vietati dalla legge). Lanciando messaggi subliminali si usano strategie per convincere il cliente a comperare un prodotto piuttosto che un altro. Qui al contrario si attiva proprio il processo inverso: il neuromarketing si propone di studiare le reazioni del cervello ad un messaggio/prodotto per capire cosa davvero piaccia al potenziale cliente.
Tecniche e strumenti del Neuromarketing per misurare l’attività cerebrale: il Brain Imaging
Come si misura l’attività del cervello?
In due modi:
1) Con la risonanza magnetica funzionale (RMF o fMRI, Functional Magnetic Resonance Imaging) che rappresenta delle immagini del cervello mettendo in evidenza le aree in cui l’attività del cervello stesso è prodotta in quantità maggiore.
2) Con l’elettroencefalografia (EEG) che produce un grafico (l’encefalogramma) in cui viene tracciata graficamente l’attività del cervello.
La RMF è quella che viene più utilizzata nel neuromarketing perché permette di capire in quale area del cervello si sta svolgendo l’attività. Dato che ogni area del cervello è collegata a determinate emozioni, quello che la RMF fa è misurare le reazioni più profonde.
E come si utilizzano questi dati derivanti dalle conoscenze neuroscientifiche per fare marketing?
Tramite il brain imaging. Grazie a questa tecnica il cervello viene “scansionato” ed è possibile conoscere le zone attivate quando la persona entra in contatto con il prodotto e capire come la stimolazione cerebrale fa compiere una scelta piuttosto che un’altra. La risonanza magnetica funzionale e l’elettroencefalogramma sono appunto due metodi di brain imaging.
Ma vediamo come funzionano in specifico:
La RMF: quando il cervello è impegnato in un’attività vengono coinvolte aree specifiche. Le aree coinvolte nell'attività hanno bisogno di una maggiore quantità di ossigeno e glucosio. Ne consegue che, nelle zone in cui il flusso del sangue è più marcato, è possibile analizzare come vengono interpretati gli stimoli provenienti dall'esterno.
L’
elettroencefalogramma (EEG) fornisce informazioni su come viene percepito il brand e sui comportamenti d’acquisto: sono impulsi elettrici che fanno comunicare i neuroni tra di loro, e mediante sensori che vengono posti sul capo, si può misurare tale attività in termini di memoria, attenzione,
engagement e così via.
Come analizzare il comportamento degli utenti online: Eye Tracking e Heat Map (Mappe di Calore)
La tecnica per antonomasia dell’applicazione della neuroscienza nel digital marketing è l'Eye tracking.
Si utilizzano schermi infrarossi e si collegano agli occhi dispositivi che registrano la dilatazione delle pupille e tracciano il percorso della vista durante l’esposizione ad un dato stimolo.
È proprio grazie allo studio dei movimenti oculari che è possibile misurare gli aspetti che colpiscono di più l’attenzione del consumatore. È dove si poggia lo sguardo che si attiva l’attenzione. James E. Hoffman nel 1998, nel suo libro Visual Attention and Eye Movements, ha evidenziato questa correlazione tra movimenti oculari e livello di attenzione nei confronti di uno stimolo
Grazie all'utilizzo dell'eye tracking nel neuromarketing, è possibile migliorare l'efficacia della comunicazione in termini di spot pubblicitari, ma non solo.
I dati che si ottengono da queste misurazioni si possono rappresentare visivamente sotto forma di heat map o mappe di calore, gaze plot o bee swarm.
Le heat map consentono di rappresentare visivamente le aree in cui lo sguardo si concentra maggiormente e lo si fa utilizzando colori diversi.
Le mappe in questione possono essere di due tipi: statiche, che servono ad analizzare annunci su supporto cartaceo; dinamiche, funzionali nel caso di spot pubblicitari o video in generale (utili ad esempio per verificare se il product placement è andato a buon fine).
Il gaze plot restituisce dati come il posizionamento dello sguardo, l’ordine di visualizzazione e la durata in cui lo sguardo si sofferma. Questa durata è rappresentata da cerchi. Più è grande il cerchio, più lo sguardo si è soffermato su un determinato stimolo.
Bee swarm, il nome richiama proprio il movimento dello sciame delle api perché i dati vengono presentati sotto forma di puntini che indicano dove si è fissato lo sguardo di diversi soggetti.
Rapporto tra Web design e Neuromarketing: Usabilità e Mappe di calore
È proprio grazie alle mappe di calore che riusciamo a testare l’usabilità di una determinata app o del layout di un sito web, della scelta dei colori, delle immagini più efficaci e dei menù. Più tempo l’utente online passerà davanti ad un menù senza riuscire a prendere una decisione veloce o riuscire ad arrivare nella pagina target, più saremo sicuri che quel tipo di layout è da ripensare e riorganizzare.
Facciamo un esempio pratico. Di recente ho acquistato uno smartphone. Non faccio menzione alla marca. Uno strumento molto utile, tranne che per un particolare: la rubrica telefonica, da cui teoricamente dovrebbero partire facilmente le chiamate. A parte il fatto che i campi di ricerca del contatto sono fisicamente troppo piccoli per farci digitare un indice anche di una mano piccola, ma spesso mi trovo qualche secondo a pensare quale tasto devo spingere per fare una chiamata. Ecco, quello smartphone dovrebbe essere rivisto dal punto di vista del design di quella data sezione . E il neuromarketing interviene nel momento in cui, durante una sperimentazione/test, si evidenzia che l’utente impiega più di 20-30 secondi a decidere come procedere per effettuare la chiamata.
Le heatmap, inoltre, vengono utilizzate per analizzare le SERP e capire come l’utente si soffermi davanti ai risultati dei motori di ricerca rispetto ad una determinata query.
Ma nella pratica, come si usano i dati estrapolati da questo metodo?
Campi di applicazione del Neuromarketing
I risultati di questi test vengono utilizzati a livello pratico nei seguenti ambiti:
1) Pubblicità: sapendo come una persona reagisce ad uno spot, si è in grado di rendere le successive pubblicità più attraenti.
2) Branding: brand è l’idea che il consumatore ha di un’azienda. Le aziende investono cifre consistenti per far si che il consumatore abbia una buona idea della loro azienda/marchio. Il neuromarketing indirizza l’azienda su come investire meglio in questo ambito.
3) Vendita nei negozi: avete fatto caso, ad esempio, che i giocattoli vengono posizionati in basso? Ecco quello è il luogo in cui lo sguardo del bambino si posa, giusto per fare un esempio. Ma nell'acquisto influenza non solo la posizione del prodotto, anche le luci dell’esercizio e i profumi che il prodotto o il locale emana.
4) Product design: Il neuromarketing può misurare con precisione la reazione dei consumatori a particolari prodotti. Studiando le reazioni, si può evitare la produzione di oggetti che i consumatori non trovano soddisfacenti a livello visivo. Il neuromarketing misura la reazione dei consumatori a determinati prodotti. Tenendo conto della reazione del consumatore, si studia un prodotto che abbia forme e colori che possano avere appeal sulle persone.
5) Nell’entertainment.
6) User Experience e o esperienza online: esattamente come per i negozi fisici, la disposizione degli elementi di un sito web/e-commerce influenza altamente le emozioni di un consumatore. Più la user experience sarà accattivante ed intuitiva, più è facile che l’utente faccia un acquisto.
Differenza fra Marketing Tradizionale e Neuromarketing
Le aziende hanno cominciato a interessarsi al neuromarketing a causa dell'inadeguatezza dei metodi usati tradizionalmente per individuare i meccanismi di decisione degli acquirenti: i metodi tradizionali infatti, spesso trascurano emozioni e ricordi, e sono generalmente fondati sul presupposto (che le ricerche hanno rilevato non essere fondato) che i processi di scelta siano dichiarati da parte dei soggetti che li sperimentano e facilmente riconoscibili dai soggetti stessi.
Chi si occupava di marketing e pubblicità ha dovuto negli anni passati limitarsi a supporre quali fossero i reali desideri dei potenziali acquirenti. Le azioni più concrete che venivano fatte per raccogliere dati sui desideri degli acquirenti erano sondaggi interviste, gruppi di discussione e, più di recente, con l’avvento del web marketing, con strumenti come A/B test e statistiche molto più precise e affidabili, come ad esempio il numero di visite a un sito web, visualizzazioni, condivisioni, commenti ad un post o click su un link che porta all’acquisto di qualcosa.
Le tecniche del neuromarketing non sono volte a chiedere direttamente all’acquirente, bensì ad analizzare quelli che sono processi cerebrali che rimangono inconsci alla parte consapevole della nostra mente. Ecco perché questionari di gradimento e le classiche ricerche di mercato si rivelano strumenti inadeguati per capire da dove si origina il desiderio di un oggetto piuttosto che di un altro.
Il neuromarketing sostanzialmente misura le reazioni del cervello dei consumatori a determinati stimoli visivi e/o uditivi.
Un’immagine che ti emoziona fa infatti aumentare l’attività elettromagnetica del nostro cervello.
Relazione fra Neuromarketing e Digital Marketing
Il digital marketing si pone come scopo ambizioso quello di creare offerte sempre più ad hoc per il consumatore. Lo studio del cervello e dei movimenti inconsci degli occhi e del mouse, vanno proprio verso questa direzione.
Neuro-digital-marketing
Le tecniche del neuromarketing non sono solo volte a capire cosa fa un utente online, ma forniscono anche una spiegazione di tali comportamenti.
Si è arrivati a spiegare il perché l’utente veda meglio un colore collegato ad una CTA "Call to Action", piuttosto che un altro, perché una keyword funziona di più di un’altra (perché un utente Millennial ricerca su Google una frase più strutturata “previsioni del tempo di oggi”, mentre uno appartenente alla Generazione x cercherà una frase del genere “previsioni tempo oggi” ad esempio).
Quali vantaggi porta il Neuromarketing ad un utente attento: giocare con il carrello di Amazon
Questi studi possono essere utili non solo per il marketing, ma anche per l’utente finale del prodotto, per il potenziale cliente.
Mi spiego meglio.
Vi siete mai accorti che inserendo un articolo all'interno del carrello di Amazon, giusto per fare un esempio eminente, il prezzo dell’articolo cala? "Qualcuno" da remoto osserva i vostri movimenti (spesso si tratta di un semplice algoritmo) e sta mettendo in atto strategie per farvelo acquistare, come ad esempio sconti o ribassi.
Avete mai provato a “giocare” con il carrello di Amazon sperando che il prodotto inserito nel carrello calasse di prezzo?
Provate...